Allergie alimentari nei bambini, rendono i piccoli più asociali

Allergie alimentari nei bambini, rendono i piccoli più asociali
Allergie alimentari nei bambini, rendono i piccoli più asociali

Che le allergie alimentari fra i bambini sono in aumento è un dato ormai tristemente noto, quello che non si sapeva fino ad ora è che i bambini affetti da forme di allergie o intolleranze alimentari non vivono il loro disagio solo a tavola, quanto piuttosto anche fuori e soprattutto nel rapporto con gli altri.

Sottoposti a continue raccomandazioni accorate da parte dei genitori, circa l’attenzione nei confronti del cibo da mangiare e timorosi in prima persona di mandar giù qualcosa che li possa fare stare male, questi bambini finiscono per vivere l’invito al compleanno di un compagno di classe o la gita scolastica come occasioni potenzialmente pericolose e quindi ‘da evitare‘.

Il fragile profilo psicologico di bambini e adolescenti affetti da allergie alimentari è tracciato da una ricerca che sarà presentata al Food allergy and anaphylaxis meeting dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology, in corso a Venezia fino a sabato.
A condurre l’indagine è stato il Centro regionale delle allergie alimentari 1 dell’azienda ospedaliera dell’Università di Padova diretto da Maria Antonella Muraro, che ha esaminato il comportamento di 107 piccoli pazienti e delle loro mamme. Il gruppo è stato distribuito in due fasce: il primo comprendente 72 bimbi da 0 a 5 anni, il secondo 35 tra i 6 e gli 11.
Come hanno osservano la psicologa Laura Polloni e la dietista Alice Toniolo, sono proprio queste ultime le fasce maggiormente interessate dalle allergie da cibo: ‘Pur avendo più occasioni per mangiare fuori casa, il 23 per cento ha rivelato di non nutrire alcuna curiosità ad assaggiare i cibi nuovi rispetto ai più piccoli. Alcuni di loro – dicono le esperte – finiscono per isolarsi dai coetanei e uno su cinque non partecipa a qualsiasi tipo di festa‘.
La ricerca ha cercato di analizzare l’atteggiamento che i bimbi allergici hanno nei confronti del cibo, oltre al loro comportamento alimentare, allo scopo di mettere in relazione l’influenza della patologia sulla qualità della loro vita. Ai bambini ed alle mamme (che spesso hanno risposto per i più piccini) è stato consegnato un questionario con varie domande sugli indicatori della qualità di vita. Per esempio, sulle attività scolastiche, sullo sport, sulle feste, sulla frequenza dei pasti al ristorante. Oppure notizie specifiche sull’emotività individuale, come e quanto si sentono tristi.
Nelle risposte, il 71 per cento lamenta una dieta monotona – ha spiegato la dottoressa Polloni – perché forzatamente ristretta dalle allergie, mentre alcuni hanno sottolineato la difficoltà nel preparare piatti diversi senza correre rischi. Ma è anche venuto fuori che poche industrie alimentari si preoccupano di allestire cibi per allergici‘. E fa riflettere anche che un bambino allergico su dieci preferisca rinunciare all’attività fisica, in nome dell’allergia.
Il 17 per cento dei bambini, indipendentemente dall’età, evita le festicciole scolastiche soltanto per paura di venire a contatto con tracce di cibi proibiti – ha aggiunto Maria Antonella Muraro, presidente del congresso – Fra quelli che comunque arrivano accompagnati alle merende a casa di compagni, il 24 per cento si porta da casa il cibo personale‘.
Sia i genitori che i piccoli finiscono così per vivere condizionati dalla paura dello shock anafilattico, ne deriva l’impossibilità per i bimbi di vivere normali esperienze di vita, al pari dei loro coetanei e l’inevitabile abbandono della spensieratezza che dovrebbe caratterizzare quella fase di vita più di ogni altra.

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