Si parla spesso di amore platonico ma con il pensiero del filosofo greco non ha molto a che vedere, sì, alcuni dei suoi scritti hanno ispirato questa definizione, ma Platone parla dell’amore in maniera molto più metafisica e passionale. L’amore platonico è un concetto che è stato coniato nel XV secolo da Marsilio Ficino, Platone invece parla espressamente del sentimento, della passione, del rapporto metafisico tra due persone all’interno del suo celebre testo il Simposio. Qui vi racconto una delle storie narrate all’interno del libro, che merita tutta l’attenzione degli amanti incalliti. Cos’è l’amore? Io credo proprio che la risposta sia nel libro del filosofo.
Ci si chiede spesso cosa possa essere questo inspiegabile sentimento, da cosa nasca. Poeti, scrittori ma anche scienziati di tutto il mondo da sempre hanno tentato di definire l’amore. Si è persino arrivati a definire l’equazione dell’amore, ma spesso è proprio con delle storie o con l’aiuto dei miti che si riescono a capire meglio le cose.
Il Simposio di Platone è un banchetto in cui diversi filosofi del tempo si scambiano le loro opinioni, in questo caso, sul tema dell’amore. La parola va ad Aristofane che narra della presenza, molto tempo fa, di tre generi sulla terra: i figli del sole, gli uomini; i figli della terra, le donne ed un terzo genere, i figli della Luna un genere speciale, uomo e donna allo stesso tempo.
Il mito racconta che la completezza di questi esseri li rese così arroganti da immaginare di dare la scalata all’Olimpo, e Zeus per punirli, separò ciascuno di loro in due metà, riducendoli a solo maschio e solo femmina. Da quel momento i ‘mezzi’ figli della Luna si bramano, si cercano e non sempre riescono a trovarsi.
Cos’è l’amore? Il desiderare l’unione, quando essa si raggiunge bisognerà produrre altri desideri. Ovviamente vi ho fatto un grezzo riassunto di uno dei brani più famosi della storia della filosofia, tutto questo per consigliarvi caldamente di leggere il Simposio di Platone, perchè l’amore sarà pure incomprensibile ma è sempre esistito e vale la pena curiosare tra le interpretazione dei grandi pensatori di tutti i tempi.
Di seguito il testo del discorso di Aristofane tratto dal Simposio di Platone.
Il discorso di Aristofane: Il mito dell’androgino
«Per dir la verità, Erissimaco,» cominciò Aristofane, «io avrei in mente di fare un discorso diverso da quello tuo e di Pausania. Io credo, infatti, che di tutta questa potenza dell’Amore, gli uomini non se ne siano accorti per niente, altrimenti gli avrebbero innalzato templi grandiosi, altari, gli farebbero sacrifici magnifici e, invece, nulla di tutto questo mentre sarebbe la prima cosa da fare. Nessuno come lui, tra tutti quanti gli dei, è amico degli uomini, viene in loro aiuto, cerca di curarne i mali, la cui guarigione, forse, sarebbe la più grande felicità del genere umano. Quindi, io cercherò di svelarvi la sua potenza e voi, a vostra volta, la rivelerete agli altri. Per prima cosa, dovete rendervi conto cosa sia la natura umana e quali siano state le sue vicende; per il passato, infatti, essa non era quella che è oggi. Nel principio, tre erano i sessi dell’uomo, non due, il maschio e la femmina, come ora: ce n’era un terzo che aveva in sé i caratteri degli altri due, ma che oggi è scomparso e del quale resta soltanto il nome: l’andrògino. Esso, infatti, era un essere a sé stante che, nell’aspetto esteriore e nel nome, aveva dell’uno e dell’altro, cioè, del maschio e della femmina; oggi, ripeto, non resta che il nome che, per di più, ha un significato infamante. Inoltre, la figura di questo essere umano era arrotondata, dorso e fianchi formavano come un cerchio; aveva quattro mani e quattro erano pure le gambe; aveva anche due facce, piantate su un collo anch’esso rotondo, completamente uguali e attaccate, in senso opposto, a un unico cranio; aveva quattro orecchie, doppi gli organi genitali e, da tutto questo, possiamo immaginarci il resto. Camminavano in posizione eretta, come noi, volendo potevano spostarsi in qualunque direzione e, quando correvano, facevano un po’ come i nostri saltimbanchi che gettano in aria le gambe e capriolettano su se stessi: e poiché gli arti erano otto, appoggiandosi su di essi, procedevano, a ruota, velocemente. I sessi erano tre, perché quello maschile aveva avuto origine dal sole, quello femminile dalla terra e l’altro, con i caratteri d’ambedue, dalla luna, dato che quest’ultima partecipa del sole e della terra insieme: perciò avevano quell’aspetto e si spostavano rotolando, perché somigliavano a quei loro progenitori. Avevano una resistenza e una forza prodigiosa, nonché un’arroganza senza limiti, tanto che si misero in urto con gli dei e quel che dice Omero di Efialte e di Oto, che tentarono di scalare il cielo, va riferito a costoro.
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