Il proprio orientamento sessuale può in qualche modo influenzare il rapporto con il proprio medico curante. Pare che l’omosessualità giochi un ruolo fondamentale nelle relazioni con il medico: le problematiche sono rappresentate principalmente dalle difficoltà di relazione. Il timore principale è quello del pregiudizio, di subire un trattamento peggiore rispetto ai pazienti eterosessuali e di vedere violata la propria privacy, tutto ciò contribuisce a rafforzare la chiusura nei confronti del dottore. In realtà lo specialista dovrebbe rappresentare un punto di riferimento, una persona di fiducia, alla quale confidare non soltanto i propri problemi di salute ma anche quelli di natura mentale ed emotiva, per ricevere sostegno e consigli specializzati.
Purtroppo però spesso i dottori non sono così sensibili alla questione anzi, spesso la vivono con disagio.
Alcuni studi condotti negli Stati Uniti, indicano che soltanto una percentuale compresa tra l’11% e il 37% dei medici chiede abitualmente informazioni circa la vita sessuale ai propri pazienti. E’ evidente quindi che la maggior parte degli specialisti non si informa minimamente su questo aspetto.
In realtà invece è importante considerare non soltanto il genere del paziente ma anche la vita che conduce, quindi il suo orientamento sessuale e le relative abitudini: le scelte compiute in campo sentimentale possono influenzare il proprio stato di salute.
Secondo uno studio condotto dall’Università della Pennsylvania, le donne lesbiche sono maggiormente esposte al rischio di contrarre il carcinoma mammario e il tumore all’utero, perché non hanno gravidanze, non assumono la pillola anticoncezionale e spesso ritardano i controlli ginecologici.
Sono anche maggiormente esposte al rischio di tumore alla cervice, perché si è dimostrato che, in media, una donna lesbica si sottopone al pap test molto più raramente rispetto alle donne eterosessuali (un tempo tre volte superiore) per la falsa credenza che sia meno esposta a questo genere di tumori, perché non ha rapporti sessuali con gli uomini.
Gli uomini gay invece, sono maggiormente esposti al rischio di tumore anale e di incappare in disturbi alimentari (uno studio del Massachusetts General Hospital ha scoperto che il 42% dei pazienti presi in considerazione era omosessuale o bisessuale).
Le motivazioni possono essere diverse, come spiega la ricercatrice Margherita Graglia, autrice di un articolo sul tema:
‘Lo sviluppo dei disturbi alimentari è una forma difensiva che permette all’adolescente di proteggersi dalla paura di un’identità sessuale definita; altri hanno suggerito l’intervento di una componente genetica che lega l’omosessualità ai disturbi alimentari. Inoltre alcuni studiosi concordano che l’enfasi sulla bellezza e l’apparenza fisica, che la comunità gay esalta, possa indurre i soggetti più fragili a sviluppare una disaffezione per il proprio corpo e quindi esporre maggiormente questi soggetti ai disordini alimentari’.
I trans gender invece hanno un rischio notevolmente superiore di contrarre il tumore alla prostata (se non si sono sottoposti all’intervento di rimozione dell’organo) e il carcinoma mammario.
Infine è noto che l’omosessualità possa provocare un aumento del rischio di ansia, depressione, alcolismo e stress provocati dal timore del pregiudizio sociale e dalla difficoltà di accettarsi ed essere accettati.
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