Quante volte vi sarebbe piaciuto prevedere il futuro in amore? Soprattutto dopo che una storia è finita e ci ha lasciato quello spiacevole carico di amarezza, quante volte sospirando avete pensato: ‘A saperlo prima!‘. Sappiate che adesso esiste un modo per prevedere il futuro in amore, ovvero di calcolare le possibilità di sopravvivenza di una coppia negli anni. E questo con un’attendibilità di ben il 92,7%! Come? Semplicemente studiando il linguaggio del corpo della coppia.
A scoprire con un più che discreto margine di sicurezza quanto una coppia è destinata a durare sono stati i ricercatori John Gottman dell’Università di Washington e Robert Levenson dell’Università californiana di Berkley, i quali hanno condotto una ricerca durata 4 anni e che ha coinvolto numerose coppie di novelli sposi.
Gli studiosi hanno valutato la compatibilità e l’affiatamento della coppia sulla base dell’osservazione del loro comportamento non verbale, cioè i gesti, i contatti fisici, le espressioni del volto, le posture, ecc. in quanto il linguaggio del corpo si è rivelato molto più attendibile rispetto alla comunicazione di tipo verbale nel rivelare il tipo di relazione esistente fra le persone (cioè chi domina in un rapporto, l’intensità dell’attrazione, la sintonia con l’altro e così via).
Gottman e Levenson hanno osservato e catalogato i segnali del corpo espressi dalla coppia appurando che 3 minuti di analisi dell’interazione sono sufficienti per prevedere il futuro di quell’unione. I coniugi coinvolti nell’esperimento sono stati invitati dagli scienziati a discutere su un tema su cui avevano vedute opposte per il tempo di un quarto d’ora. Le interazioni sono state filmate e le conversazioni registrate.
In seguito gli studiosi hanno esaminato questo materiale, usando come metro la valutazione della comunicazione verbale dei partner e soprattutto le loro espressioni del volto. I ricercatori hanno distinto due classi di segnali del corpo: positivi (cioè, quelli che indicano emozioni o atteggiamenti come l’interesse, l’affetto, la gioia, ecc.) e negativi (le manifestazioni di collera, disprezzo, ostruzionismo, lo stare sulle difensive e la tendenza alla vittimizzazione).
Dopo 4 anni le coppie che avevano preso parte all’esperimento sono state ricontattate per scoprire quale era stato il corso della loro relazione e se stavano ancora insieme oppure no. Gottman e Levenson hanno così ricontrollato le registrazioni individuando con precisione quali comportamenti erano caratteristici dei matrimoni solidi e duraturi e quali invece predicevano una quasi certa dissoluzione del legame.
Quello che emerge immediatamente è che le coppie destinate a divorziare esibiscono in media più emozioni negative che positive e questo valeva per entrambi i membri della coppia. Alla fine della discussione, entrambi i coniugi apparivano chiusi e di malumore, non arrivavano a compromessi né mettevano da parte l’animosità. Nel corso della discussione tenevano le braccia conserte, evitavano lo sguardo dell’altro o guardavano altrove mentre il partner parlava, mostravano espressioni di collera, scetticismo, derisione o perplessità ascoltando il coniuge.
Al contrario le coppie destinate a restare insieme avviavano un dialogo costruttivo dopo una discussione, dimostrando tutta l’intenzione di voler seppellire l’ascia di guerra, assumevano pose aperte, sorridevano teneramente, sdrammatizzavano facendo qualche battuta, parlavano di una qualche attività da fare assieme come un viaggio o un’acquisto per la casa.
Attenzione! Questa ricerca non vuole dimostrare che qualsiasi litigio di coppia che si svolga secondo le modalità descritte porti necessariamente alla fine del rapporto, ma che se questo modo di interagire diventa il modo di interagire standard per la coppia, le probabilità che l’unione si sfasci diventano realmente concrete.
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