I carabinieri della compagnia Bologna Centro e i colleghi del radiomobile hanno controllato ininterrottamente per tre mesi tutti i viali della città per riuscire ad individuare tutte le prostitute bolognesi. Lo scopo? Realizzare un vero e proprio censimento delle prostitute attive su Bologna: hanno verificato come si chiamano, da dove vengono, dove si vendono e da quanto tempo ma soprattutto quanto guadagnano. E’ stato stilato un modulo operativo che è stato consegnato ad ogni singolo carabiniere perché lo utilizzasse durante i controlli ed il suo titolo è inequivocabile: ‘Annotazione di servizio relativa alle attività d’indagine volte al contrasto del fenomeno della prostituzione su strada’.
Una sorta di quadro generale sul mondo del sesso a pagamento che passa attraverso le pieghe della vita di donne da strada.
Le prostitute sono state fermate sul luogo di lavoro e dopo essere state identificate sono state invitate a rispondere all’intero questionario a luci rosse. Sono state anche invitate a fornire il proprio indirizzo di residenza, luogo che è stato spesso ‘visionato’ dagli stessi carabinieri sotto consenso delle prostitute.
Questo lavoro ha permesso di stimare un guadagno medio delle lucciole bolognesi, quanto paghino d’affitto, quante siano libere e quanto invece vivano in stato di schiavitù.
L’iniziativa, partita alla fine dell’estate scorsa, è finita immediatamente nel mirino di associazioni e comitati che tutelano i diritti delle prostitute: loro ritengono che questa sia una vera e propria schedatura vietata dalla legge Merlin del ’58, che non consente alle forze di polizia di registrare in modo diretto o indiretto chi esercita la più antica delle professioni.
L’Arma dei carabinieri ha sin da subito difeso il proprio operato: ‘Non è un questionario, nessuna schedatura, è un modulo che serve per capire chi sono le prostitute, in che condizioni vivono, se pagano affitti regolari e quanto guadagnano. I dati verranno poi girati all’Agenzia delle Entrate per le verifiche fiscali’.
Lo scopo è poter tracciare i guadagni delle prostitute bolognesi per poi sottoporli a tassazione, come del resto già avviene in altri paesi dell’Unione europea.
E’ altresì un tentativo alternativo per contrastare un fenomeno che crea disagi e criminalità lungo tutti i viali della città.
I controlli in alcuni casi non si sono fermati al semplice questionario ma hanno portato anche alla denuncia di trenta ragazze, alcune perché avevano fornito false generalità ed altre perché si erano mostrate troppo svestite su viali pubblici.
L’Arma ci tiene comunque a precisare che tutti i controlli, le perlustrazioni degli appartamenti e l’intera operazione sono avvenute nel massimo della legalità.