La tinteggiatura a calce è andata un po’ in disuso ai nostri giorni, anche se resta un’ottima soluzione per abitazioni rurali o casolari; il suo impiego, per interni ed esterni, oggi si limita principalmente gli ambienti delle abitazioni che soffrono in modo particolare l’umidità. La tinteggiatura a calce, infatti, permette al muro di traspirare ed vita la formazione di muffe. Purtroppo, però, la sua poco durevolezza l’ha resa con il tempo una soluzione secondaria. In ogni caso, la calce non contiene solventi chimici, quindi è ancora utile per tinteggiare gli interni. Per gli esterni, invece, non è più consigliata, vista la sua scarsa resistenza agli agenti atmosferici. Comunque, per chi si volesse cimentare nella tinteggiatura a calce, è bene conoscere alcuni particolari importanti.
Composizione della tinta a calce
Nella tinteggiatura a calce, possiamo distinguere tre principali miscele:
– Il grassello, ottenuto con calce spenta ed un quantitativo minimo di acqua
– Il latte di calce, che consiste in grassello o calce idrata in polvere, cui viene aggiunta dell’acqua fino a raggiungere colore e densità simili a quelli del latte.
– L’acqua di calce, una soluzione composta principalmente di acqua ed un minimo di calce spenta.
Per prima cosa, le calci aeree devono essere trasformate in latte di calce, prima di essere utilizzate per tinteggiare, perché altrimenti offrono una scarsa presa.
Una volte ottenuto la miscela, esso va lasciato riposare almeno sei ore, in modo che tutte le molecole di calce si bagnino, creando un composto omogeneo.
É importante utilizzare un’acqua senza acidi e sali (ad una temperatura compresa tra 20° e 30°), perché la sua purezza garantisce una tinta compatta e una liquidità prolungata nel tempo.
Luoghi comuni sulla tinteggiatura a calce
Riguardo questa tecnica di verniciatura, esistono diverse credenze sbagliate, la cui applicazioni può compromettere il buon esito del lavoro.
La calce spenta da lungo tempo non diventa più resistente: a dimostrazione della falsità di questa affermazione, ci sono le prove pratiche dei muratori di una volta i quali, nel realizzare un intonaco, preferivano utilizzare la calce spenta da più giorni per il velo, mentre sugli strati inferiori preferivano la calce più fresca.
Ancora, stendere il latte di calce su un intonaco fresco non produce una maggiore presa della tinta; anzi, si genera uno spessore che non permette alla tinta di distribuirsi in modo uniforme sulla superficie.
Per gli interni questa soluzione può anche essere adottata, perché la mano di latte sull’intonaco fresco serve a rendere l’intonaco più fino, grazie all’asportazione, tramite pennellata, della grana più grossa rimasta in superficie.