Cortisone in gravidanza: attenzione agli effetti collaterali

cortisone in gravidanza

Esistono effetti collaterali legati all’uso del cortisone in gravidanza? La domanda non è certamente banale, se si pensa che durante i nove mesi i farmaci vanno assunti solo in caso di necessità e sotto suggerimento e controllo del medico. Il cortisone è un farmaco che può avere effetti indesiderati anche su chi non sta affrontando una gravidanza; per questo, è normale che le future mamme si preoccupino per la salute e il corretto sviluppo del bebè.

I farmaci in gravidanza

I dubbi sull’uso del cortisone in gravidanza nascono proprio dalla stretta correlazione che esiste tra la salute della madre e quella del feto nei nove mesi. Attraverso il sangue materno e la placenta, infatti, si crea un continuo scambio di sostanze che, oltre ad essere naturalmente positivo, può essere anche pericoloso. Questo accade quando la madre assume sostanze potenzialmente tossiche (come i farmaci di sintesi), che possono essere metabolizzate dal suo fegato e dai suoi reni, ma non dal feto. Per evitare questo effetto, durante al gestazione, il ginecologo preferisce prescrivere, quando possibile, cure alternative (come l’omeopatia) o i rimedi naturali fai da te. In sintesi, i farmaci in gravidanza vanno presi solo quando necessari.

Il cortisone in gravidanza

Quali sono gli effetti collaterali legati all’uso del cortisone in gravidanza? Prima di tutto, occorre chiedersi a cosa serve questo farmaco. Si tratta di un preparato molto noto e altrettanto discusso, il più potente antinfiammatorio che conosciamo; in genere lo si prescrive per curare alcuni problemi respiratori, come l’asma, le allergie o le tonsilliti. Il cortisone, secondo diversi studi, non fa troppo male nei nove mesi, a patto che venga utilizzato solo in caso di necessità e sotto stretto controllo medico. E infatti, anche la maggior parte dei foglietti illustrativi contengono la dicitura: “La somministrazione di cortisone in gravidanza e durante l’allattamento è subordinata alla valutazione del rapporto rischio/beneficio”. Tuttavia, è solo il medico che può valutare correttamente questo rapporto, suggerendo o sconsigliando l’uso del cortisone in gravidanza. Ad esempio, alcune forme gravi di asma, non permettono una corretta ossigenazione del feto, per cui potrebbe rendersi utile il ricorso a questo farmaco. La prudenza è necessaria, perché altri studi hanno rilevato che l’uso del cortisone nei nove mesi può aumentare il rischio di parto prematuro e pre-eclampsia. Queste eventualità sono maggiori se il farmaco è impiegato nei primi tre mesi. Inoltre è possibile, qualora la terapia a base di cortisonici duri per tutti i nove mesi, che il feto riporti un lieve ritardo nella crescita e un sistema immunitario più debole. La somministrazione occasionale (e soprattutto in crema) di questi farmaci, invece, è legata a rischi minori.

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Rossella Giglio

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