Cosa fare quando i bambini dicono le parolacce? E , soprattutto, come comportarsi per far si che il bambino non adotti queste brutte abitudini? Va detto in primis che il bambino può assimilare le parolacce da tutti gli ambienti che lo circondano: a scuola, a casa, quando fa sport con gli amici, ma anche la tv o il computer possono essere delle fonti negative in tal senso. Cosa fare quindi per evitare che i bambini usino le parolacce? Anzitutto, è consigliato non utilizzare mai questi termini in casa perché il bambino tende comunque a vedere nei genitori un modello da imitare.
Dove le impara?
Non c’è un luogo da incriminare con certezza. Il piccolo può sentire e imparare le parolacce ovunque, dall’asilo nido alla scuola dell’infanzia, fino al parco. I primi a doversi fare un esame di coscienza, però, sono i genitori. Nella maggior parte dei casi, infatti, il bambino sente e memorizza le parolacce proprio in ambito domestico, in famiglia o tra gli amici che frequentano la casa famigliare.
Anche durante le discussioni che il bambino sente è quindi bene evitare il turpiloquio. Anche una maggiore attenzione dei genitori per l’uso della tv e del computer garantisce che essi non apprendano da programmi e pagine più a rischio in tal senso.
Da non sottovalutare la televisione. Proprio il piccolo schermo, secondo le stime più recenti, trasmette una parolaccia ogni 20-30 minuti, spesso senza troppe differenze tra fasce protette o meno.
Non è così grave
Niente allarmismo. Le parolacce, è vero, sono una pessima abitudine, da non insegnare e da togliere al bambino, ma non da demonizzare, soprattutto nei primi anni di vita. In realtà, il piccolo ripete la parolaccia, ma senza accezioni negative o piena coscienza di ciò che dice. Fino ai due, tre anni di età, ogni parola ha la stessa importanza e la differenza di significato, così come la sua accezione positiva o negativa, non hanno troppo rilievo. Non sa ancora con esattezza il significato e il peso delle parole che dice, associa suoni e reazioni, adora ascoltare e ascoltarsi quando parla, ma senza troppe riflessioni. È solo dopo i tre anni che le sue parole, anche per il piccolo stesso, assumono contorni e significati più chiari.
Cosa fare?
Innanzitutto evitare di ridere o scherzare sull’episodio in quanto in questo modo si andrebbe a rinforzare questo tipo di comportamento. Infatti, anche se il piccolo non ne conosce il significato, ma riconosce perfettamente le reazioni che provoca quando pronuncia alcune parole, come le parolacce. In questi casi bisogna sempre capire se il fatto di dire le parolacce rappresenta o meno un modo di attirare l’attenzione del genitore.
Nel primo caso si dovrebbe cercare di capire i motivi per cui il bambino usa questo mezzo per attirare l’attenzione, nel secondo, quando il termine è stato usato per semplice imitazione, anche non richiamare l’attenzione su di esso e far finta di niente può servire. Quando il bambino è più grandicello, se ripete le parolacce, si può comunque insegnargli a distinguere tra le parole “buone” e quelle “cattive”.