I neonati prematuri sono esposti a molteplici infezioni poiché alla nascita non dispongono di sufficienti difese immunitarie. La ferritina è la proteina del latte materno che più di tutte li protegge dalle infezioni, ma talvolta la mamma non è nelle condizioni di allattare e allora può essere sostituita dalla ferritina del latte bovino, analoga all’80 per cento a quella umana.
Se n’è discusso a Torino, in occasione del secondo Convegno internazionale di neonatologia clinica organizzato dalla ‘Fondazione Crescere Insieme al Sant’Anna Onlus‘ che ha avuto al centro il tema del benessere psicofisico del prematuro e il fatto che il suo accrescimento potrebbe essere favorito da condizioni che seppur semplici da ricreare, sono ancora purtroppo distanti dalla medicina attuale.
Paolo Manzoni, presidente esecutivo del comitato organizzatore, ha presentato nel corso del convegno una pubblicazione del suo gruppo di ricerca che rivela le potenzialità della ferritina, la proteina del latte materno che più di tutte preserva il neonato dalle infezioni, e della ferritina del latte bovino, che nel caso di impossibilità della mamma di allattare, può essere sostitutiva.
‘I neonati che nascono prematuri e pesano meno di 1500 grammi sono esposti a un altissimo rischio di infezioni nelle prime settimane di vita perché non hanno difese immunitarie – ha spiegato Paolo Manzoni – Purtroppo spesso la mamma non è in condizioni di allattare il suo bambino o il latte che gli dà non è sufficiente‘.
In questi casi si interviene con la somministrazione di antibiotici sempre più attivi e potenti, e allo stesso tempo si rispettano rigorose norme igieniche per ridurre al minimo l’esposizione alle infezioni. Ciononostante, un buon 30 per cento di questi neonati muore o riporta conseguenze disabilitanti di lunga durata a causa dei vari agenti patogeni che lo possono infettare (funghi, batteri e virus).
La nuova terapia, messa a punto al Sant’Anna in collaborazione con undici altri centri di neonatologia in Italia, propone una metodologia differente e consente di ridurre a un terzo la percentuale di neonati infettati. ‘Lo studio è consistito nella somministrazione per via orale della lattoferrina, a un campione di 500 neonati critici per un mese e mezzo e dal primo giorno della loro vita‘, ha spiegato Manzoni. Si è scelto di utilizzare la lattoferrina bovina in quanto è omologa all’80 per cento rispetto a quella umana e da un litro di latte bovino se ne ricava circa mezzo grammo.
La percentuale di soggetti infettati è passata dall’attuale 20 per cento a solo il 6 per cento. Il costo della terapia è di un euro al giorno, contro i 150-200 euro giornalieri che occorrono per gli antibiotici specifici, oltre al fatto che non comporta tutti i gli effetti collaterali dei farmaci.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Jama e il ministero della Salute americano, ha deciso di attivare una ricerca analoga per valutare se procedere alla registrazione del metodo clinico negli Stati Uniti.