Quali sono i lavori a rischio in gravidanza e allattamento? E, cosa fare in questi casi? Molte donne, quando sono in attesa, si domandano se il lavoro che svolgono sia da considerarsi a rischio e perché esso possa esserlo. In altre parole, ci si domanda quali lavori possano, in qualche modo, compromettere la salute della donna e del bebè durante la gestazione. In realtà, le prestazioni che possono arrecare problemi alla gravidanza sono diverse e non sempre conosciute dalle donne. Quali sono?
Lavori a rischio
I lavori che si considerano a rischio in gravidanza sono generalmente quelli: pesanti che comportano l’assunzione di posizioni scomode, quelli svolti in ambienti dal clima sfavorevole (rumorosi, polverosi, troppo caldi o troppo freddi), che comportano il sollevamento di carichi pesanti, che obbligano a stare in piedi per più della metà dell’orario di lavoro, i lavori soggetti a vibrazioni continue e i lavori che espongono a sostanze chimiche dannose (agenti biologici/radiazioni a contatto o inalate). In questi casi, valutate effettivamente le reali condizioni di salubrità o meno dell’ambiente di lavoro, la donna potrà chiedere di essere spostata a svolgere un’altra mansione oppure di avvalersi della cosiddetta “astensione anticipata per lavoro a rischio”. Insomma, gli strumenti messi a disposizione del legislatore per proteggere la salute della mamma e del bebè sono diversi.
Maternità anticipata per lavoro a rischio
Il legislatore ha previsto uno specifico strumento di tutela per tutte quelle donne che svolgono lavori potenzialmente a rischio. La maternità anticipata per lavoro rischio permette alla donna che svolge prestazioni pericolose o usuranti di anticipare il congedo obbligatorio a tre mesi prima del parto. Non solo, se sussistono problemi di salubrità lavorativa, la gestante avrà diritto a restare a casa fino a sette mesi dopo il parto (se non può essere spostata a svolgere mansioni più adeguate alla sua condizione). Anche l’uso del pc non potrà essere superiore a 20 ore settimanali. Infine, va ricordato che le donne che svolgono lavori che le espongono a radiazioni ionizzanti, possono astenersi dal lavoro anche nel periodo dell’allattamento, proprio perché il latte potrebbe risultare blandamente contaminato. Per quanto riguarda il lavoro notturno, infine, esso non può essere richiesto: alla donna incinta per tutta la durata della gravidanza e fino al compimento del primo anno di vita del bambino, alla madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o (in alternativa) al lavoratore padre convivente con la stessa e alla lavoratrice (o il lavoratore) che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni.
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