Purtroppo la mortalità perinatale non può essere ancora considerato un fenomeno appartenente al passato: tragici fatti di cronaca recenti ci ricordano quanto questo rischio sia di fatto attuale. Ma i numeri sono inaspettati e ci parlano di un fenomeno non certo marginale. Secondo i dati della American College of Obstetricians and Gynecologists infatti ogni anno sono circa ventiseimila i bambini che nascono morti e nel 50% dei casi la causa resta sconosciuta.
Nei giorni scorsi due studi americani paralleli hanno approfondito quest’indagine in cinque diversi Stati: Rhode Island, Massachusetts, Georgia, Texas e Utah.
La prima ricerca ha esaminato un campione di 500 donne che avevano dato alla luce un bimbo morto: le volontarie sono state intervistate e hanno prestato il loro consenso per sottoporre ad autopsia e test genetici il feto. In particolare è stata esaminata la placenta che è risultata essere alla base del 24% dei casi di mortalità perinatale. Un restante 14% di parti di feti morti era invece da attribuire ad anomalie genetiche, soprattutto cromosomiche mentre nel 13% dei casi si trattava di infezioni sopravvenute. Il 10,4% dei feti mostravano anomalie del cordone ombelicale. L’ipertensione materna è risultata essere la causa del 9% dei casi di mortalità perinatale e infine nell’8% la morte è stata la conseguenza di patologie materne tra cui il diabete, disfunzioni della tiroide e lupus.
Il secondo studio ha invece sottolineato quali sono i campanelli di allarme riscontrabili durante la gravidanza e i maggiori fattori di rischio nelle statistiche di mortalità perinatale. I casi più frequenti di morte preparto si sono verificati tra le donne di ceti sociali meno agiati e di età avanzata. Le più a rischio sono quelle con gruppo sangugigno AB. Possono essere discriminanti aborti precedenti o parti prematermine. E’ inoltre fondamentale per scongiurare tale rischio condurre uno stile di vita sano in gravidanza: niente alcol, fumo o stress. Ma anche fattori psicocologici e sociali possono avere un ruolo negativo: è stata ad esempio riscontrato che se la donna non vive con il partner ha più rischio di essere vittima di questo evento. A livello geografico le più a rischio sono le donne africane, che vivono la gravidanza in condizioni sanitarie spesso precarie. In questo continente quello che altrove sarebbe un parto pretermine si trasforma troppo spesso in una morte prenatale.
Entrambi questi studi sono fondamentali per approfondire una amteria che in parte è ancora sconosciuta (tanto che è perfino ambiguo il criterio dicretivo per cui si possa parlare di morte perinatale, ovvero se sia temporale o di peso). Quel che è certo è che nella casistica esistono morti che potrebbero essere evitate con un intervento tempestivo e gli strumenti cognitivi e i mezzi adatti.
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