I governi europei non sembrano dimostrare molta sensibilità nei confronti di chi desidera mettere su famiglia e se la Spagna da quest’anno ha tagliato l’assegno maternità per risanare i conti pubblici, l’Italia ha disposto la chiusura del 30 per cento dei reparti maternità per lo stesso motivo.
I reparti di maternità che effettuano meno di 500 parti l’anno, infatti, verranno chiusi. Quelli che ne registrano meno di 1.000 verranno, invece, riorganizzati. Si tratta di una disposizione contenuta nel Piano del Ministero della Salute per il riordino dei punti nascita, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso dicembre e quindi ufficialmente operativo da quest’anno.
La chiusura riguarda 158 punti nascita su 559 nel Paese. I tagli si faranno sentire più drasticamente al Sud. In Calabria, ad esempio, ci sarebbe la chiusura di 15 punti con meno di 500 parti l’anno su 29: la metà. In Sicilia sono a rischio 38 reparti su 75, in Campania 22 su 72. Minore l’impatto al Nord: solo 8 punti nascita su 75 in Lombardia; nessuno in Piemonte e Veneto.
Il piano inevitabilmente ha scatenato qualche polemica, ma la Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) ha maturato una posizione netta a questo proposito e fa sapere di procedere senza deroga alcuna.
Il Piano ministeriale, infatti, mira a dare una risposta anche agli ultimi drammatici casi di malasanità, che hanno coinvolto mamme e bambini, uno fra tutti quello della neonata invalida al 100% per una lite in sala parto all’Ospedale Riuniti di Bergamo.
‘Ci auguriamo che il piano sia realizzato entro tre anni – ha dichiarato – il presidente della SIGO, Nicola Surico – Saremo noi ginecologi a spiegare alle donne che è meglio sopportare alcuni disagi logistici ma avere strutture che garantiscono al meglio la salute di madre e bambini. I piccoli ospedali a volte non hanno strumenti e attrezzature necessarie e non possono dunque offrire sufficiente sicurezza’.
La riforma del ministro della Salute Ferruccio Fazio prevede inoltre l’incentivazione anche economica del parto naturale, dal momento che il parto cesareo in Italia è scelto da quasi una donna su due col risultato che è il Paese dove se ne fanno di più, e garantisce l’epidurale a tutte le donne.
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