Ci sono malattie tipiche dell’età adulta che solo raramente si sviluppano nell’età infantile: pensiamo ad esempio alla sindrome del tunnel carpale o alla cosiddetta mano ad artiglio. Eppure esistono delle eccezioni significative in cui i sintomi di certe patologie sono riscontrabili in pazienti in tenera età. Come deve comportarsi in questi casi il pediatra? A volte purtroppo va constatato che, anche in presenza di tutti i più evidenti sintomi della malattia, il medico non riesce immediatamente a diagnosticarla proprio perché mentalmente esclude che questa patologia possa svilupparsi nei pazienti più piccoli.
Il fatto che si tratti di casi rari e che probabilmente è la prima volta che il pediatra affronta questa situazione rende quindi difficile una diagnosi precoce e tempestiva. Se una donna adulta si presenta dal medico lamentando formicolio alla mano, dolore al polso etc. il dottore non esiterà un istante a procedere con gli opportuni controlli per accertare che non si tratti di tunnel carpale. Nel caso di bambini la diagnosi non è quasi mai così diretta, pur in presenza di tutti i sintomi. Non si tratta di negligenza medica o di incompetenza o superficialità: l’associazione sintomi malattia è meno istintiva proprio perché la patologia colpisce quasi esclusivamente persone adulte. Francesco Zulian, responsabile del Centro di Reumatolgia Pediatrica dell’Universita’ di Padova, da circa due anni, grazie alla collaborazione di alcune aziende farmaceutiche, sta promovendo in tutta Italia corsi di formazione per pediatri, medici di base e ospedalieri sui sintomi delle malattie dell’età adulta nei bambini. L’ultimo si e’ tenuto pochi giorni fa presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesu’ di Roma e si è concentrato soprattutto sull’artrosi. Lo scopo è proprio quello di sensibilizzare i medici su queste possibilità di malattie rare nei bambini, accelerando i tempi di diagnosi. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanita’ (Iss), infatti, solo il 58 per cento dei pazienti che hanno una malattia rara riceve una diagnosi corretta entro un anno, nel 18,4 per cento passano invece da 1 e 5 anni mentre nel 22,8 per cento bisogna aspettare anche di più. E molti sono purtroppo i casi in cui alla diagnosi non si giunge mai.