Claustrofobia: tra le cause un errore nel misurare le distanze

claustrofobia

Tra le cause alla base di un disturbo come la claustrofobia la scienza individua un errore di percezione: l’errore sarebbe infatti costituito da un’errata valutazione delle distanze. Lo studio è stato effettuato da un gruppo di ricercatori americani, i quali hanno messo in relazione claustrofobia e questione della valutazione degli spazi orizzontali. Il team di neuroscienziati, appartenenti alla Emory University, ha pubblicato l’indagine sulla rivista Cognition e oggi sta continuando le ricerche, nonostante il mistero di cui la natura umana appare straordinariamente permeata non cessi: continua a non essere chiaro se se sia la distorsione nella percezione spaziale a provocare il senso di terrore tipico di una fobia come la claustrofobia o, viceversa, se la paura possa influire sulle capacità visive.

Sudorazione eccessiva, tachicardia, vertigini, nausea e ansia possono costituire alcune delle reazioni psicologiche alla base delle forti emozioni riscontrabili nell’avvertire una fobia, quale la claustrofobia, capace di affliggere molti soggetti in situazioni apparentemente normali della vita quotidiana.

Tra i motivi alla base della claustrofobia sarebbe riscontrabile un errore di percezione nel misurare le distanze: secondo i ricercatori chi soffre di questo disturbo, che conduce a un vero e proprio terrore degli spazi angusti come gli ascensori, sperimenta lo spazio vicino in maniera eccessiva.

In realtà dall’indagine non è emerso in maniera chiara se sia la distorsione nella percezione spaziale ad influire sulla paura o, viceversa, il terrore ad incidere nella normale visione.

Una recente ricerca ha individuato che la connessione tra ansia e paura si troverebbe nel cervello. Sembrerebbe, dunque, che proprio la paura possa giungere a modificare in maniera devastante le normali percezioni, in modalità che solo oggi la scienza inizia a scoprire.

La fobia degli spazi chiusi individua un’intensa paura verso luoghi chiusi e angusti, come ascensori, bus, metropolitane: pensate che la claustrofobia cronica arriva a colpire in media il 4% della popolazione e può provocare attacchi di panico, difficoltà di respirazione, iperventilazione, senso di oppressione.

‘L’osservazione dei meccanismi cerebrali e psicologici tende a collegare la claustrofobia con una percezione distorta delle cose vicine rispetto a quelle distanti, sia in chiave utilitaristica che difensiva’ ha spiegato la dottoressa Stella Lourenco, a capo del team di ricerca.

Secondo gli studiosi americani, infatti, tra le cause alla base della claustrofobia cronica molto spesso non influiscono in maniera significativa un’esperienza traumatica, né una sensazione di malessere tipica di paure ataviche quali senso della solitudine o percezione del vuoto.

La claustrofobia si baserebbe dunque su un’errata consapevolezza della distanza orizzontale, così come l’acrofobia, che evidenzia la paura delle altezze e dei luoghi elevati, sarebbe connessa ad un un’errata percezione della distanza verticale.

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