Oggi desidero presentarvi le più belle poesie d’amore di Eugenio Montale, il poeta della ‘divina indifferenza‘ e del ‘male di vivere‘, che ebbe dell’amore una visione fortemente idealizzata, che non arriva quasi mai a tradursi in realtà.
Nonostante la contemporaneità, torna con Montale la concezione della donna angelo, messaggera divina, tanto cara ai poeti del dolce stil novo. La poesia di Eugenio Montale è delicata, infarcita di motivi sentimentali e di un senso di irrimediabile nostalgia per le cose perdute.
La belle dame sans merci
Certo i gabbiani cantonali hanno atteso invano
le briciole di pale che io gettavo
sul tuo balcone perché tu sentissi
anche chiusa nel sonno le loro strida.
Oggi manchiamo all’appuntamento tutti e due
e il nostro breakfast gela tra cataste
per me di libri inutili e per te di reliquie
che non so: calendari, astucci, fiale e creme.
Stupefacente il tuo volto s’ostina ancora, stagliato
sui fondali di calce del mattino;
ma una vita senz’ali non lo raggiunge e il suo fuoco
soffocato è il bagliore dell’accendino
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Ripenso il tuo sorriso
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio di un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua,
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma,
e che il tuo aspetto si insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima di una giovinetta palma…
Morgana
Non so immaginare come la tua giovinezza
si sia prolungata
di tanto tempo (e quale!).
Mi avevano accusato
di abbandonare il branco
quasi ch’io mi sentissi
illustre, ex gregis o che diavolo altro.
Invece avevo detto soltanto revenons
à nos moutons (non pecore però)
ma la torma pensò
che la sventura di appartenere a un multiplo
fosse indizio di un’anima distorta
e di un cuore senza pietà.
Ahimè figlia adorata, vera mia
Regina della Notte, mia Cordelia,
mia Brunilde, mia rondine alle prime luci,
mia baby-sitter se il cervello vàgoli,
mia spada e scudo,
ahimè come si perdono le piste
tracciate al nostro passo
dai Mani che ci vegliarono, i più efferati
che mai fossero a guardia di due umani.
Hanno detto hanno scritto che ci mancò la fede.
Forse ne abbiamo avuto un surrogato.
La fede è un’altra. Così fu detto ma
non è detto che il detto sia sicuro.
Forse sarebbe bastata quella della Catastrofe,
ma non per te che uscivi per ritornarvi
dal grembo degli Dei.