Nel nostro paese la legge 194/78 garantisce alle donne il diritto di interrompere volontariamente le propria gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento, ma anche ai medici di non prendere parte alla procedura di interruzione di gravidanza. Gli obiettori di coscienza in Italia sono davvero tanti (in media il 70% dei ginecologi) e spesso per le donne è molto complicato riuscire a trovare strutture e medici disposti ad aiutarle nel momento in cui decidono di abortire.
Secondo la legge 194, però, le strutture sanitarie e le case di cura non possono rifiutarsi in caso di pericolo di vita della donna o di emergenze particolari. Anche se in questi casi i medici e il personale non possono tirarsi indietro per legge, purtroppo questo spesso avviene e ne abbiamo avuto prova in seguito a diversi casi eclatanti che si sono verificati negli ultimi tempi. La percentuale degli obiettori di coscienza in Italia è molto alta e questo diventa un problema, soprattutto perchè non si riesce a garantire il diritto e la scelta libera che ogni donna dovrebbe avere per legge. Se è vero, come ha sottolineato il ministro Lorenzin, che negli ultimi 30 anni in Italia il numero di aborti è sensibilmente diminuito (si è riscontrato infatti un calo di 131216 unità) è anche vero che è importante che un diritto tanto importante sia garantito e che quasi in ogni struttura possa essere eseguito un aborto, se richiesto.
Come già detto la legge 194 riconosce il diritto di aborto ma anche di obiezione di coscienza, ma una struttura ospedaliera o una casa di cura non può rifiutarsi di assistere una persona a rischio. Il ruolo di chi dirige tali strutture è, poi, fondamentale, perchè spetta a lui o lei assicurarsi che siano garantiti i diritti sia di interruzione volontaria che di non volerla eseguire.
Le proposte di modifica
In Parlamento sono diverse le proposte per migliorare tale situazione. Tra queste quella di un bilanciamento migliore tra l’esercizio dell’obiezione di coscienza e la scelta di interruzione volontaria di gravidanza. Secondo una delle proposte potrebbe essere utile far sì che almeno il 50% (o il 70% secondo altri) del personale di ospedali e case di cura non sia obiettore. Altra proposta è invece quella di un numero verde a cui rivolgersi per avere informazioni sulle strutture in cui poter praticare l’aborto. Altra proposta ancora è quella di non permettere a chi è obiettore di diventare direttore di una struttura sanitaria, in modo da essere certi di assicurare il diritto all’aborto a chi lo richieda.
I rischi del cambiamento
In ogni caso rivedere questa legge potrebbe essere, secondo diversi punti di vista, un rischio. E’ una legge che esiste dal 1978 e ridiscuterla, secondo alcuni, porterebbe con sè il rischio di fare anche dei passi indietro. In un paese come il nostro, con una forte influenza cattolica e le tante associazioni contro l’aborto, potrebbe, in altre parole, non essere prudente rimettere tutto in discussione.
Ci sono paesi, nel mondo, in cui l’aborto è vietato, tra cui Città del Vaticano ma anche Malta, mentre in altri paesi, come in Irlanda, è possibile solo se proseguire la gravidanza comporta un rischio per la madre. E’ importante, però, che dove sia riconosciuto per diritto, questo possa essere garantito davvero.