Abbiamo parlato spesso dello sport più adatto dal punto di vista fisico ai bambini in base all’età ma ci sono anche aspetti psicologici legati all’attività sportiva da considerare. Uno di questi è l’antagonismo: è uno stimolo o un fattore di stress per i piccoli atleti?
Molto dipende anche dal background culturale: le popolazioni aborigene dell’Australia ad esempio non hanno assolutamente lo spirito di competizione e non concepiscono gare sportive.
In Italia le opinioni dei pediatri sono contrapposte.
La federazione ciclistica italiana ad Orvieto ha abolito la premiazione individuale sul podio per i bambini dai 7 ai 12 anni ma ogni corridore dovrà adeguarsi ai risultati della squadra di appartenenza. L’obiettivo è quello di focalizzare la gare sul gioco in team e non sulla competizione individuale. Il presidente federale Renato Di Rocco ha spiegato che la pressione che i piccoli ricevono da allenatori, dirigenti e genitori è già troppo alta. E in effetti basta andare ad una partita di qualsiasi sport tra bambini per assistere sugli spalti a scene incivili da parte di genitori frustrati.
Ma stemperare del tutto l’agonismo può avere effetti indesiderati. Lo sport aiuta a godere della vittoria ma anche a saper perdere ed in questo è maestro di vita. Del resto è stato proprio un grande ciclista, Alfredo Martini, a dire che occorre dare ai ragazzi il diritto di perdere. Non si può negare del resto che antagonismo e spirito competitivo si sviluppano in maniera naturale anche nei bambini: compito dei genitori è quello di favorirne uno sviluppo sano. Per questo anche quando si vedono due bambini litigare è consigliabile non intervenire subito ma visionare in disparte, lasciando che sviluppino da soli il senso di giustizia e di ingiustizia. L’importante è lasciare che tutto questo resti in primo luogo un gioco e che, come tale, sia divertente. Mai trasmettere sul bambino le proprie ansie o l’insoddisfazione per i propri insuccessi sportivi. Se noi non abbiamo proseguito nella carriera di ballerina non è detto che questa sarà l’aspirazione di nostra figlia. Lasciamo che scelgano da soli quello che più li diverte. Il messaggio che va trasmesso è che vincere è una soddisfazione ma non è l’aspetto più importante di una gara. Poi ovviamente molto dipenderà anche dal carattere dei bambini. E’ importante educarli ad una sana competizione fin da quando sono molto piccoli e anche in casa. Se li sfidate in qualche gioco non fateli vincere sempre per non sentirli piangere: si sentiranno imbattibili con un adulto e non potranno accettare eventuali sconfitte al momento del confronto con i coetanei. Riconoscete i loro miglioramenti complimentandovi per nuovi traguardi raggiunti. Non è una cattiva idea guardare qualche volta lo sport in tv insieme ai propri figli: la stretta di mano tra vincitori e vinti è un bel segno di sportività (forse è meglio evitare il calcio che ultimamente difficilmente dà il buon esempio sotto questo punto di vista).