Le cause e i sintomi dell’osteocondrite sono diversi. Anche la cura può prevedere diverse soluzioni. L’osteocondrite o osteocondrosi è una sindrome degenerativa delle ossa, che ne frammenta le estremità. Colpisce soprattutto il ginocchio, l’astragalo, l’anca, la caviglia e l’articolazione del gomito. Comunque, questa patologia può interessare anche i giovani, in particolare gli sportivi o chi è soggetto a traumi continui e ripetuti. Agire tempestivamente in questi casi è fondamentale, per non peggiorare l’evoluzione della malattia. Ma, quali sono i sintomi da cui riconoscerla?
Sintomi
I sintomi più comuni dell’osteocondrosi (da non confondere con l’artrosi) sono: dolore all’articolazione e all’osso colpito, gonfiore localizzato e blocco articolare. Ovviamente, i sintomi progrediscono in senso ascendente con il tempo, quindi sono più lievi all’inizio, per poi diventare sempre più importanti con il tempo. Il decorso, comunque, è molto lento; in altre parole, il peggioramento richiede mesi oppure anche anni.
Cause
Si è molto discusso sulle cause dell’osteocondrite. Oggi si ritiene che alla base vi sia un processo di degenerazione necrotica, che causa dapprima l’indebolimento e in seguito la frammentazione della porzione ossea colpita. A sua volta la necrosi è dovuta ad un’interruzione del flusso di sangue nella zona; questa può essere dovuta ad ischemia, traumi ripetuti, attività sportiva, lavori pesanti o predisposizione genetica. Infine è possibile che l’osteocondrosi si sviluppi in età giovanile (primo e secondo decennio di vita), a causa dell’’intensa attività di ossificazione in atto. In questi casi, i sintomi spariscono al termine della maturazione scheletrica.
Diagnosi e cura
Oltre che sulla base dell’esame dei sintomi, la diagnosi in questi casi può essere fatta con una risonanza magnetica. Gli altri esami possibili sono: la radiografia, la ultrasonometria ossea e la tomografia assiale computerizzata (TAC). Per quanto riguarda la cura, invece, essa può essere: conservativa, chirurgica e farmacologia. La terapia conservativa, cui si ricorre negli stadi iniziali meno gravi, prevede: il riposo dall’attività fisica/lavorativa intensa, la fisioterapia, l’uso del gesso e delle stampelle (per gli arti inferiori). La terapia chirurgica, invece, si utilizza nel caso in cui il trattamento conservativo non abbia avuto successo. La terapia farmacologia, infine, prevede la somministrazione di farmaci antinfiammatori e analgesici per alleviare il dolore ma, appunto, serve solo a limitare i sintomi della patologia. Essa, quindi, si associa sempre ad un trattamento conservativo o chirurgico.
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