Svegliarsi con la stanchezza: quando il cervello non ingrana

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Svegliarsi con la stanchezza: quante volte vi è capitata la stramba sensazione che pur essendo riuscite a catapultarvi dal letto, il cervello non ingrani? Se al risveglio il cervello non ingrana la marcia giusta la colpa può essere connessa a svariate motivazioni, tuttavia ora la scienza, attraverso una recente ricerca, è giunta a interessanti conclusioni nel tentativo di comprendere i meccanismi alla base del fenomeno. La motivazione di un risveglio poco al top sarebbe connessa alle aree cerebrali la cui ridotta attività elettrica causa nei primi cinque minuti che seguono il sonno una efficienza minore rispetto al momento in cui ci abbandoniamo al sonno ristoratore: ‘L’idea di base era che le diverse aree cerebrali non si addormentassero e svegliassero tutte allo stesso tempo’ ha spiegato il coordinatore della ricerca. L’indagine sulla stanchezza cronica connessa al momento del risveglio mattutino è stata effettuata dal Dipartimento di Psicologia della Sapienza e dell’Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca, Afar, in collaborazione con gli studiosi delle Università de L’Aquila e Bologna.

La ricerca ha evidenziato che nei primi cinque minuti dopo il risveglio, sia al mattino sia per quanto riguarda la siesta pomeridiana, la corteccia cerebrale mostra una ridotta attività elettrica a elevata frequenza.

Certamente la dieta e la giusta attività fisica sono strettamente connesse alla fase del risveglio, tuttavia la condizione presa in esame, definita inerzia del sonno dai ricercatori, è stata spiegata con una dissociazione tra percezione di essere svegli e capacità sensoriali tipiche del sonno.

‘L’idea di base era che le diverse aree cerebrali non si addormentassero e svegliassero tutte allo stesso tempo‘ ha dichiarato il coordinatore della ricerca, Luigi De Gennaro, spiegando: ‘La persistenza di un funzionamento cerebrale in specifiche regioni ancora tipica di un individuo sveglio, mentre è addormentato, o quella ancora tipica di un individuo che dorme, al risveglio, avrebbe spiegato una serie di fenomeni comunemente sperimentati, per esempio le allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche’.

Il medico ha aggiunto: ‘Si potrebbe immaginare un sistema di sensori elettroencefalografici (Eeg) che determini nelle singole regioni cerebrali il livello critico per garantire adeguate prestazioni. Le attuali tecnologie consentono ormai di miniaturizzare i tradizionali Eeg, garantendo una scarsa intrusività di questi strumenti, così da renderli compatibili con lo svolgimento delle singole attività professionali‘.

D’ora in poi niente moka da preparare a livello subcosciente nei difficili risvegli all’alba? Speriamo.

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