Fecondazione in vitro: più embrioni non corrispondono a più possibilità

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Una recente ricerca pubblicata sulla rivista Lancet sembra smontare un luogo comune piuttosto comune sulla fecondazione in vitro, ovvero la convinzione che impiantare un maggior numero di embrioni possa in qualche modo aumentare le possibilità di successo del trattamento anti sterilità.

Lo studio è stato possibile grazie alla collaborazione tra l’Università di Glasgow e quella di Bristol: i due team di ricercatori sono stati guidati rispettivamente dal dottor Nelson e dal dottor Debbie Lawlor. L’esperimento intende dimostrare che l’impianto contemporaneo di tre o più ormoni, invece dei classici due, non aumenta le chance di fecondazione mentre è rapportabile alla causa che genera un maggior rischio di gravidanze multiple.

Per arrivare a questo risultato l’analisi ha raccolto i dati di circa 124 000 fecondazioni in vitro praticate nel Regno Unito tra il 2003 e il 2007, su donne di età compresa tra i 18 e i 50 anni e che avevano chiaramente qualche problema di infertilità. Le statistiche hanno palesato che, per le donne fino ai 40 anni, nel caso di duplice impianto embrionale, la percentuale di successo era del 33% mentre in caso di multiplo impianto solo il 25% ha portato a termine la gravidanza.

Le gravidanze multiple infatti sono maggiormente soggette al rischio di aborto e aumentano anche le possibilità di diabete gestionale e ipertensione. I gemelli inoltre comportano più frequentemente la necessità di parto prematuro. Lo studio sembra confermato dalla raccomandazione delle autorità sanitarie di alcuni Paesi Europei di non superare un impianto per le donne giovani (entro i 37 anni) e di massimo due embrioni per quelle entro i 40. L’impianto di tre o più embrioni possono essere più efficienti solo se la donna ha già superato i 40 anni. Negli Stati Uniti ad esempio dove la terapia d’urto contro l’infertilità prevede l’impianto di più embrioni, si sono registrati molti parti multipli (il che comporta anche problemi di tipo economico vista la scarsa copertura sanitaria negli States). Anche l’ American Society for Reproductive Medicine (ASRM) raccomanda di non esagerare con il numero di impianti e di arrivare ad un massimo di quattro embrioni solo nei casi particolarmente difficili e di donne alla soglia dei 40 anni.

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